ADDIO A PAPA BENEDETTO XVI.
HA DAVVERO MAI ABDICATO ? TUTTA LA SUA STORIA
Adalberto Gianuario – Byoblu 24 – 31.12.2022
“Papa Ratzinger si è posto per anni come una sentinella nella notte, solo a difesa della Casa di Dio. Una testimonianza luminosa ed evidente, tanto da far presagire qualcosa di inimmaginabile, ma assolutamente inaspettato”. Queste erano state le parole pronunciate da Peter Seewald, biografo di papa Benedetto XVI, nel presentare la sua monumentale opera a Roma : “ein Leben”, “Una vita”. Era il dicembre del 2021. Che nel corso della presentazione aveva anche preconizzato il suo futuro processo di beatificazione.
Dichiarazioni che volevano forse suggerire come il papato di Benedetto XVI, poco compreso mentre era in corso, spesso attaccato, a volte anche deriso, avrebbe dispiegato il suo significato storico nel corso degli anni a venire.
Joseph Aloisius Ratzinger nacque il 16 aprile 1927, di sabato santo, nella casa dei genitori a Markti, in Baviera. All’età di 12 anni si iscrisse al seminario minore di Traunstein, a 16 anni, nel 1943, venne arruolato nel personale di supporto della Luftwaffe, senza però mai essere costretto ad andare al fronte nè a sparare. Nel 1945, secondo il suo stesso racconto, disertò le fila dell’esercito.
Dopo la fine della guerra, Ratzinger iniziò gli studi superiori : nel 1946 si iscrisse all’Istituto superiore di filosofia e teologia di Frisinga. L’11 luglio 1953 discusse la tesi di dottorato in teologia su sant’Agostino, dal titolo “Popolo e casa di Dio nella dottrina agostiniana della Chiesa”, riportando la valutazione massima summa cum laude. Nel 1966 assunse la cattedra di teologia dogmatica presso l’Università di Tubinga, mentre nel 1969 tornò in Baviera, chiamato all’Università di Ratisbona.
La sua nomina a cardinale fu celebrata da Paolo VI il 27 giugno 1977, mentre il 25 novembre 1981 papa Giovanni Paolo II lo nominò prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale.
Josep Ratzinger coniugò in sé l’uomo di profonda fede cristiana con l’intellettuale, l’erudito, il raffinato conoscitore della cultura filosofica. Il 21 settembre del 2000, ancora cardinale, accettò un confronto pubblico con il direttore della rivista Micromega, Paolo Flores D’arcais. “Verità, fede e ateismo”, era il tema del dibattito, che si svolse al teatro Quirino di Roma di fronte ad una platea di oltre 2mila persone.
Il 25 marzo 2005, pochi giorni prima della morte di Giovanni Paolo II, guidò le meditazioni del Venerdì Santo durante la tradizionale Via Crucis al Colosseo. In quell’occasione pronunciò delle parole che, ascoltate oggi, potrebbero suonare profetiche :
“Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano”.
Karol Wojtyla morì il 5 aprile 2005, il suo caro amico Joseph Ratzinger gli succedette sul trono di Pietro il 9 aprile, al quarto scrutinio. Durante la prima udienza Urbi et Orbi in piazza San Pietro spiegò di otenzaoo il nome pontificale richiamandosi a Benedetto XV, il pontefice che aveva guidato la Chiesa tra il 1914 e il 1922 e che aveva definito la I Guerra Mondiale “un’inutile strage”.
Fin dal primo giorno del suo pontificato, Benedetto fu oggetto di violenti attacchi da parte della stampa e dell’intellighenzia della cosiddetta sinistra : si ricorderà l’ingiurioso titolo del quotidiano Il manifesto l’indomani della sua elezione : “Il pastore tedesco”. Nel 2008 fu costretto a rinunciare all’inaugurazione dell’anno accademico all’università La Sapienza di Roma dopo che 67 docenti, tra cui il fisico e futuro premio Nobel Giorgio Parisi, avevano apposto la propria firma ad un appello contro la sua presenza all’interno dell’università. Nel 2010 Paolo Flores D’arcais ricambiò il gesto di apertura al confronto ricevuto un decennio prima con un violento atto d’accusa, un libello intitolato “La sfida oscurantista di Ratzinger”.
Nel 2012 avvenne poi la pubblicazione dei Vati Leaks una fuga di documenti interni alle stanze vaticane, che oltre a dei pesanti contrasti interni alla Chiesa, rivelarono l’esistenza di un Mordkomplott : dai testi pubblicati allora dal Fatto Quotidiano si evinse che l’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, prevedeva con preoccupante certezza la morte del Papa entro un anno. Una morte che, per la sicurezza con la quale era stata pronosticata, lasciava intendere agli interlocutori del cardinale l’esistenza di un complotto per uccidere Benedetto XVI.
Nonostante i continui attacchi di cui diventò oggetto, Papa Benedetto diede al proprio pontificato i connotati di un coraggio e di un’intransigenza di cui forse in pochi si resero conto in quel momento.
Fu il primo pontefice ad affrontare apertamente lo scandalo della pedofilia nel clero. Scusandosi apertamente con le vittime a nome di tutta la chiesa e affrontando alcuni casi che emersero proprio in quegli anni, come lo scandalo dei rapporti Ryan e Murphy, che denunciavano numerosi casi di abusi sessuali su minori compiuti da sacerdoti e religiosi irlandesi dagli anni trenta fino agli anni 2000.
Papa Benedetto pronunciò poi dei discorsi di enorme impatto non solo per la vita interna della Chiesa, come quello contro la “dittatura del relativismo” declamato per la prima volta il 18 marzo del 2005, ma su cui sarebbe tornato diverse volte durante il suo pontificato, o quello otenzao strapotere della finanza e dei media, tenuto presso il Seminario Romano Maggiore il 15 febbraio 2012.
Arrivò poi l’11 febbraio 2011, era in corso il concistoro per la canonizzazione dei martiri d’Otranto, quando Benedetto lesse la “Declaratio”, un testo vergato da lui stesso in latino e commentato immediatamente dopo dal Decano del sacro collegio cardinalizio Angelo Sodano. Pochi minuti più tardi, alle 11 :42, l’Ansa battè la notizia delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, che in pochi minuti fece il giro del mondo.
Fin dal principio, però, la “Declaratio” di Ratzinger suscitò diverse perplessità. Il primo a metterne in dubbio la validità canonica fu il giornalista Antonio Socci, che si concentrò su alcune singolari incongruenze, come la decisione di continuare a vestire l’abito bianco, firmarsi Benedetto XVI e usare lo stemma pontificio papale.
Negli anni successivi sarebbe stato il giornalista e storico dell’arte Andrea Cionci a strutturare le sempre più vistose contraddizioni di quelle dimissioni nell’opera : “Il codice Ratzinger”, attraverso la quale arrivò alla conclusione che Ratzinger, con quella dichiarazione, non aveva rinunciato al papato, ma era stato costretto a ritirarsi in “Sede impedita”, una condizione simile all’esilio ben identificata dal codice canonico.
Grazie alla collaborazione di giuristi, latinisti, teologi e sacerdoti come Don Alessandro Minutella e frate Alexis Brugnolo, Cionci ha messo in fila tutti gli aspetti incoerenti di quelle dimissioni, a cominciare dalla forma del testo latino della Declaratio, otenz poi tradotta con evidenti imprecisioni dalla Sala stampa Vaticana, per poi passare all’analisi di una codice che Papa Benedetto avrebbe adottato per comunicare con il mondo la verità della sua condizione. Una tra tutte, delle formule adottate, quella di aver sempre detto, dopo l’elezione di Josè Maria Bergoglio, “Il papa è uno solo”, senza mai specificare quale dei due.
Certo è che oggi la Chiesa vive un momento di smarrimento, di impoverimento spirituale che è stato possibile notare soprattutto durante l’emergenza Covid, quando i funerali vennero interrotti, impedendo ai defunti di ricevere l’ultimo sacramento, quando le acquasantiere furono riempite di Amuchina e le forze alle forze dell’ordine fu permesso di entrare nelle chiese e interrompere le funzioni religiose davanti ai fedeli attoniti. Forse fu questo il ruolo di Papa Benedetto, quello di rappresentare l’ultimo argine a una visione della Chiesa Cattolica sterilizzata dalla sua dimensione di fede, precipitata nel mondo delle cose terrene ma incapace di guardare al cielo. Forse, come predetto dal suo biografo Peter Sewald, la otenza del suo messaggio deve ancora essere scoperta.
Source : ADDIO A PAPA BENEDETTO XVI. HA DAVVERO MAI ABDICATO ? TUTTA LA SUA STORIA (byoblu.com)
ADIEU AU PAPE BENOÎT XVI.
A-T-IL VRAIMENT JAMAIS ABDIQUÉ ? TOUTE SON HISTOIRE
Traduction : c.l. pour Les Grosses Orchades
« Pendant des années, le pape Ratzinger s’est tenu, comme une sentinelle dans la nuit, seul pour défendre la Maison de Dieu. Un témoignage lumineux, évident, au point de présager quelque chose d’inimaginable, mais d’absolument inattendu ». Ce sont les mots prononcés par Peter Seewald, biographe du pape Benoît XVI, lors de la présentation de son œuvre monumentale à Rome : « ein Leben », « Une vie ». C’était en décembre 2021. Au cours de cette présentation, il a également préconisé son futur procès en béatification.
Des déclarations qui visaient peut-être à suggérer comment le pontificat de Benoît XVI, peu compris alors qu’il était en cours, souvent attaqué, parfois même moqué, allait déployer toute sa signification historique dans les années à venir.
Joseph Aloisius Ratzinger est né le 16 avril 1927, samedi saint, dans la maison de ses parents à Markti, en Bavière. À l’âge de 12 ans, il s’inscrit au petit séminaire de Traunstein. À l’âge de 16 ans, en 1943, il est enrôlé dans le personnel de soutien de la Luftwaffe, mais n’est pas contraint d’aller au front ou de tirer. En 1945, selon ses propres dires, il déserte les rangs de l’armée.
Après la fin de la guerre, Ratzinger entreprend des études supérieures : en 1946, il s’inscrit à l’Institut supérieur de philosophie et de théologie de Freising. Le 11 juillet 1953, il défend sa thèse de doctorat en théologie sur Saint Augustin, intitulée « Peuple et maison de Dieu dans la doctrine augustinienne de l’Église », et obtient la mention summa cum laude. En 1966, il assume la chaire de théologie dogmatique à l’université de Tübingen, et en 1969 il retourne en Bavière, appelé à l’université de Ratisbonne.
Son accession au cardinalat a été célébrée par Paul VI le 27 juin 1977, et c’est le 25 novembre 1981 que Jean-Paul II l’a nommé préfet de la Congrégation pour la doctrine de la foi, président de la Commission biblique pontificale et de la Commission théologique internationale.
Josep Ratzinger combinait en lui l’homme de foi chrétienne profonde avec l’intellectuel, le savant, le connaisseur raffiné de la culture philosophique. Le 21 septembre 2000, alors qu’il était encore cardinal, il a accepté une discussion publique avec le directeur du magazine Micromega, Paolo Flores D’arcais. « Vérité, foi et athéisme » était le thème du débat, qui s’est déroulé au Teatro Quirino de Rome devant un public de plus de 2.000 personnes.
Le 25 mars 2005, quelques jours avant la mort de Jean-Paul II, il a dirigé les méditations du Vendredi Saint lors du traditionnel chemin de croix au Colisée. À cette occasion, il a prononcé des paroles qui, entendues aujourd’hui, pourraient sembler prophétiques :
« Seigneur, souvent ton Église nous apparaît comme un bateau qui va couler, un bateau qui fait eau de toutes parts. Et même dans Ton champ, nous voyons plus de mauvaises herbes que de blé. Le vêtement et le visage souillés de Ton Église nous consternent ».
Karol Wojtyla est décédé le 5 avril 2005, son ami proche Joseph Ratzinger lui a succédé sur le trône de Pierre le 9 avril, au quatrième tour de scrutin. Lors de sa première audience Urbi et Orbi sur la place Saint-Pierre, il a expliqué son nom pontifical en se référant à Benoît XV, le pontife qui avait dirigé l’Église entre 1914 et 1922 et qualifié la Première Guerre mondiale de « massacre inutile ».
Dès le premier jour de son pontificat, Benoît XVI a fait l’objet de violentes attaques de la part de la presse et de l’intelligentsia dite de gauche : on se souvient du titre insultant du journal Il manifesto au lendemain de son élection : « Le berger allemand ». En 2008, il a été contraint de renoncer à l’inauguration de l’année universitaire à l’université La Sapienza de Rome après que 67 professeurs, dont le physicien et futur prix Nobel Giorgio Parisi, eurent signé un appel contre sa présence à l’université. En 2010, Paolo Flores D’arcais a rendu le geste d’ouverture à la confrontation qu’il avait reçu une décennie plus tôt par un violent réquisitoire : un livret intitulé « Le défi obscurantiste de Ratzinger ».
Puis, en 2012, est venue la publication des Vati Leaks, une fuite de documents provenant de l’intérieur du Vatican, qui, outre de lourds désaccords au sein de l’Église, révéla l’existence d’un Mordkomplott [Projet d’assassinat, NdT] : des textes publiés à l’époque par Il Fatto Quotidiano, il ressortait que l’archevêque de Palerme, Paolo Romeo, prédisait avec une inquiétante certitude la mort du pape dans l’année. Une mort qui, en raison de la certitude avec laquelle elle était prédite, a suggéré aux interlocuteurs du cardinal l’existence d’un complot visant à tuer Benoît XVI.
Malgré les attaques constantes dont il a été la cible, le pape Benoît a donné à son pontificat les connotations d’un courage et d’une intransigeance dont peu de gens se sont avisés à l’époque.
Il a été le premier pontife à affronter ouvertement le scandale de la pédophilie dans le clergé. Il a ouvertement présenté ses excuses aux victimes au nom de l’ensemble de l’Église et a abordé certaines des affaires qui ont émergé au cours de ces années, telles que le scandale des rapports Ryan et Murphy, qui a révélé de nombreux cas d’abus sexuels sur des mineurs par des prêtres et des religieux irlandais entre les années 1930 et 2000.
Le pape Benoît XVI a ensuite prononcé des discours qui ont eu un impact énorme non seulement sur la vie interne de l’Église, comme celui contre la « dictature du relativisme » prononcé pour la première fois le 18 mars 2005, mais sur lequel il reviendra plusieurs fois au cours de son pontificat, ou celui sur le pouvoir de la finance et des médias, prononcé au Grand Séminaire Romain le 15 février 2012.
Et est arrivé le 11 février 2011 : alors que le consistoire pour la canonisation des martyrs d’Otrante était en cours, Benoît XVI a lu la « Declaratio », un texte écrit par lui-même en latin et immédiatement commenté par le doyen du Sacré Collège des Cardinaux, Angelo Sodano. Quelques minutes plus tard, à 11 h 42, l’agence ANSA a annoncé la nouvelle de la démission du pape Benoît XVI, qui a fait le tour du monde en quelques minutes.
Cependant, dès le début, la « Declaratio » de Ratzinger a suscité des perplexités diverses. Le premier à remettre en question sa validité canonique a été le journaliste Antonio Socci, qui a fait remarquer certaines incohérences singulières, comme sa décision de continuer à porter l’habit blanc, de signer Benoît XVI et d’utiliser les armoiries papales.
Dans les années suivantes, ce sera le journaliste et historien de l’art Andrea Cionci qui structurera les contradictions de plus en plus flagrantes de cette démission dans son ouvrage : « Le code Ratzinger », grâce auquel il arrivera à la conclusion que Ratzinger, avec cette déclaration, n’avait pas renoncé à la papauté, mais avait été contraint de se retirer en « Sede impedita », une condition similaire à l’exil, bien identifiée par le code canonique.
Grâce à la collaboration de juristes, de latinistes, de théologiens et de prêtres tels que Don Alessandro Minutella et Frère Alexis Brugnolo, Cionci a mis en évidence tous les aspects incohérents de cette démission, à commencer par la forme du texte latin de la Declaratio, [reproduite ?] puis traduite avec des inexactitudes évidentes par le Bureau de presse du Vatican, pour passer ensuite à l’analyse d’un code que le Pape Benoît aurait adopté pour communiquer au monde la vérité sur sa condition. Une des formes adoptées est celle d’avoir toujours dit, après l’élection de José Maria Bergoglio, « Il n’y a qu’un seul pape », sans jamais préciser lequel.
Ce qui est sûr, c’est que l’Église vit aujourd’hui un moment de désarroi et d’appauvrissement spirituel, qui a été particulièrement visible lors de l’urgence Covid, lorsque les funérailles ont été interrompues, empêchant les défunts de recevoir les derniers sacrements, lorsque les bénitiers ont été remplis de désinfectant et que les forces de l’ordre ont été autorisées à entrer dans les églises et à interrompre les services religieux devant les fidèles éberlués. Peut-être était-ce le rôle du pape Benoît que celui de représenter la dernière barrière à une vision de l’Église catholique châtrée de sa dimension de foi, plongée dans le monde des choses terrestres mais incapable de lever les yeux vers le ciel. Peut-être, comme l’a prédit son biographe Peter Sewald, la puissance de son message reste-t-elle à découvrir.
Source : ADDIO A PAPA BENEDETTO XVI. HA DAVVERO MAI ABDICATO ? TUTTA LA SUA STORIA (byoblu.com)
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31 Décembre 2022
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